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Il sistema portuale di Ancona e Falconara tra sviluppo, ambiente e sostenibilità
Mentre a Falconara è in corso da oltre 20 anni il dibattito sulla questione ambientale attorno alle attività della Raffineria, anche sulla sponda anconetana iniziano ad affacciarsi comitati che mettono all’indice i fumi delle grandi navi ormeggiate in porto. In effetti c’era da chiedersi come mai a nemmeno 10 chilometri di distanza ci fossero cittadini dall’olfatto così differente: nasi fini, quelli dei falconaresi prodighi di segnalazioni più o meno social, e nasi completamente turati, i dorici, incapaci d’avvertire le nubi nere dei fumaioli in banchina. Il mio ottimismo, spingendomi ad allontanare il sospetto che il tutto nasca dalle prime battute della campagna elettorale per le Comunali della prossima primavera, mi porta invece ad aprire un doveroso ragionamento su sviluppo e ambiente.
La sensibilità ambientale è aumentata nel tempo sospinta dall’ovvietà che il modello di sviluppo che ci siamo dati, e cioè di sfruttamento illimitato delle risorse, mal si coniuga con un pianeta che quelle risorse le ha limitate. La difficoltà è quella di trovare una terza via tra la vecchia concezione della crescita industriale che vive ancora dei ricordi del Boom economico e la visione perversa e bucolica di quanti sono pronti a difendere la nidificazione del fratino ma se ne strafregano se il vicino di casa perde il posto di lavoro. È proprio di occupazione che parliamo. Api, Fincantieri, distretto della nautica, attività industriali, meccanica, pesca, traffico merci, traffico passeggeri, servizi: il sistema portuale del Golfo di Ancona solo nei primi sei mesi del 2022 ha visto passare oltre 5 milioni di tonnellate di merci, 1,8 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi e 264mila passeggeri tra traghetti e crociere. Solo in questo weekend transiteranno ad Ancona oltre 32mila persone.
Un sistema che comprende ogni giorno dà lavoro a oltre 6.500 persone, secondo un recente studio della stessa Autorità Portuale. Guai a ragionare in termini di ricatto occupazionale, guai a voler cancellare tutto questo dall’oggi al domani. L’attuale presidente Vincenzo Garofalo ha lodato nei giorni scorsi i numeri “che rendono il porto di Ancona uno dei principali scali adriatici per il traffico internazionale di passeggeri e primo porto italiano per numero di destinazioni internazionali servite” e sottolineato che questo ruolo “va curato e valorizzato, proseguendo il percorso di miglioramento dell’accoglienza e rafforzamento della sostenibilità”.
In attesa di vederlo dalle parti del Castello o di incontrarlo a domicilio (visto che pur sempre Falconara rappresenta oltre un terzo dei traffici) accogliamo con piacere questo intento e siamo pronti ad aprire un confronto allargato anche ad altri interlocutori, compresa la Regione Marche e parlamentari del territorio che verranno, sul futuro di questo territorio. Un futuro che sappia guardare allo sviluppo sostenibile senza inciampare negli sgambetti dei comitati del No Tutto a Prescindere ai quali certa politica ha ammiccato per troppo tempo, salvo poi venirne travolta. L'augurio che la già corrente campagna elettorale, e più ancora quella amministrativa alle porte, sappia elevarsi dalla polemica strumentale di basso livello a quella, nobile e costruttiva, che individua e attua soluzioni equilibrate e praticabili. Forse m’illudo ma continuo a sperare.
Un sistema che comprende ogni giorno dà lavoro a oltre 6.500 persone, secondo un recente studio della stessa Autorità Portuale. Guai a ragionare in termini di ricatto occupazionale, guai a voler cancellare tutto questo dall’oggi al domani. L’attuale presidente Vincenzo Garofalo ha lodato nei giorni scorsi i numeri “che rendono il porto di Ancona uno dei principali scali adriatici per il traffico internazionale di passeggeri e primo porto italiano per numero di destinazioni internazionali servite” e sottolineato che questo ruolo “va curato e valorizzato, proseguendo il percorso di miglioramento dell’accoglienza e rafforzamento della sostenibilità”.
In attesa di vederlo dalle parti del Castello o di incontrarlo a domicilio (visto che pur sempre Falconara rappresenta oltre un terzo dei traffici) accogliamo con piacere questo intento e siamo pronti ad aprire un confronto allargato anche ad altri interlocutori, compresa la Regione Marche e parlamentari del territorio che verranno, sul futuro di questo territorio. Un futuro che sappia guardare allo sviluppo sostenibile senza inciampare negli sgambetti dei comitati del No Tutto a Prescindere ai quali certa politica ha ammiccato per troppo tempo, salvo poi venirne travolta. L'augurio che la già corrente campagna elettorale, e più ancora quella amministrativa alle porte, sappia elevarsi dalla polemica strumentale di basso livello a quella, nobile e costruttiva, che individua e attua soluzioni equilibrate e praticabili. Forse m’illudo ma continuo a sperare.
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Giovannini, l’arretramento e le promesse di un Governo in bilico
Dopo aver fatto un po' di confusione sul piano politico, passando con disinvoltura dall’ospitata al Caterraduno a un vero e proprio convegno sull’arretramento ferroviario pesarese che divide i marchigiani tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, alla fine il ministro Giovannini nelle Marche ha avuto parole buone per tutti. Lo si evince dalla lettura delle edizioni provinciali dei giornali di ieri. In quelle della provincia di Pesaro pare escludersi la tipologia di arretramento ferroviario e ciò fa gongolare il sindaco Matteo “ve l’avevo detto” Ricci, mentre in quelle della provincia di Ancona si gioisce per i segnali di apertura che il Ministro avrebbe dato al telefono a Regione Marche e Confindustria Ancona: state tranquilli, i soldi per progettare saranno stanziati con la prossima Legge di Bilancio.
Qual è la verità? Una parte di me vuol essere ottimista come il presidente di Confindustria Ancona, Pierluigi Bocchini, come l’assessore regionale alle Infrastrutture Francesco Baldelli e come il mio Sindaco Stefania Signorini. Con loro, però, mi prendo l’impegno, se lo permettono, di vigilare, vigilare, vigilare. Perché, in definitiva, le rassicurazioni ci arrivano pur sempre dal membro di un esecutivo che ogni giorno di più dà segni di traballamento.
Qual è la verità? Una parte di me vuol essere ottimista come il presidente di Confindustria Ancona, Pierluigi Bocchini, come l’assessore regionale alle Infrastrutture Francesco Baldelli e come il mio Sindaco Stefania Signorini. Con loro, però, mi prendo l’impegno, se lo permettono, di vigilare, vigilare, vigilare. Perché, in definitiva, le rassicurazioni ci arrivano pur sempre dal membro di un esecutivo che ogni giorno di più dà segni di traballamento.
Sarà Draghi a firmare la prossima Legge di Bilancio? Difficile dirlo adesso. Per ora conviene prendere atto di questa apertura e registrare un’interessante convergenza di interessi verso temi che a Falconara portiamo avanti da anni con orgoglio e senza timori. Mentre sul fronte pesarese il sindaco Ricci ci avverte che “la politica non può giocare su questo (sull’arretramento complessivo, ndr), occorre mettersi a tavolino per migliorare la strategia ma sapendo che non è possibile pensare di arretrare tutto a prescindere. La sindaca di Ancona non ci pensa minimamente all'arretramento, perché su Ancona il progetto di sviluppo è un altro, legato al porto. Non dobbiamo cadere in discussioni sterili", noi registriamo attorno all’arretramento sempre maggior sostegno da parte di cittadini, associazioni di categoria e ordini professionali.
La sindaca di Ancona non dà segni di vita, tace Palazzo del Popolo Anconetano, fermo come dice Ricci al “no arretramento” dimenticando tutta la linea costiera stretta nella morsa della linea ferrata (vedi foto) e forse più preoccupato a non alzare argomenti scomodi in vista delle Elezioni Comunali del prossimo anno. Parla invece il resto della Città, desiderosa di aprirsi e diventare finalmente un capoluogo compiuto, aperto a tutta la regione e non confinato tra Torrette e Portonovo. Lo merita la città, lo merita il suo hinterland, lo merita la regione tutta.
La sindaca di Ancona non dà segni di vita, tace Palazzo del Popolo Anconetano, fermo come dice Ricci al “no arretramento” dimenticando tutta la linea costiera stretta nella morsa della linea ferrata (vedi foto) e forse più preoccupato a non alzare argomenti scomodi in vista delle Elezioni Comunali del prossimo anno. Parla invece il resto della Città, desiderosa di aprirsi e diventare finalmente un capoluogo compiuto, aperto a tutta la regione e non confinato tra Torrette e Portonovo. Lo merita la città, lo merita il suo hinterland, lo merita la regione tutta.
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Falconara, occhio a Fabriano e Jesi: devi studiare il suicidio politico dalla sua genesi
A urne chiuse, spoglio eseguito e vincitore decretato, con il risultato definitivo delle Comunali il quadro della provincia di Ancona ci fornisce un’ottima lezione su cosa si dovrebbe e non si dovrebbe fare per vincere un’elezione. Ci dice anche, questo risultato, che a Falconara dovremmo combattere più del previsto per difendere i nostri cittadini, per esempio, dal piano d’ambito di gestione dei rifiuti che rischia di far sorgere una discarica alle porte di Castelferretti. Con Fabriano passata al centrosinistra al primo turno e Jesi che domenica al ballottaggio ha seguito la stessa sorte il voto politico all’interno dell’Ata Rifiuti è più chiaro.
Tra le città più popolose della provincia solo Falconara e Senigallia potranno tentare di modificare disegno piddino all’interno di un piano d’ambito ancora, di fatto, tutto da scrivere nonostante le ripetute e stentoree dichiarazioni contrarie. Noi cercheremo di fare del nostro. E dove non arriverà la politica ci potremo muovere anche sul piano legale, oltre direttamente in strada con i cittadini pur di scongiurare la follia di un sito di stoccaggio, e tutto il traffico di camion che ne conseguirebbe, a due passi dal centro abitato. Fatta questa doverosa premessa iniziamo ad analizzare la doppia sconfitta del centrodestra cercando di trarne un insegnamento utile. Non entro nel merito della scelta dei candidati anche se balza agli occhi che sia a Fabriano che a Jesi a sfidare il Pd c’erano due ex Pd.
Tra le città più popolose della provincia solo Falconara e Senigallia potranno tentare di modificare disegno piddino all’interno di un piano d’ambito ancora, di fatto, tutto da scrivere nonostante le ripetute e stentoree dichiarazioni contrarie. Noi cercheremo di fare del nostro. E dove non arriverà la politica ci potremo muovere anche sul piano legale, oltre direttamente in strada con i cittadini pur di scongiurare la follia di un sito di stoccaggio, e tutto il traffico di camion che ne conseguirebbe, a due passi dal centro abitato. Fatta questa doverosa premessa iniziamo ad analizzare la doppia sconfitta del centrodestra cercando di trarne un insegnamento utile. Non entro nel merito della scelta dei candidati anche se balza agli occhi che sia a Fabriano che a Jesi a sfidare il Pd c’erano due ex Pd.
Nella Città della Carta il sindaco Daniela Ghergo ha vinto al primo turno ma difficilmente avrebbe potuto migliorare in un ipotetico secondo turno i 4434 voti ottenuti per il suo 50,51%. Nella sfida jesina il neo sindaco Fiordelmondo ha ottenuto al ballottaggio appena 60 voti in più rispetto al primo turno. Marasca avrebbe potuto tranquillamente rimontare ma in nome di un civismo puro ormai démodé ha snobbato l’endorsement di Grassetti (Fratelli d’Italia, circa 2mila voti) e ha riconsegnato la città federiciana al Pd. Il suo ex partito. Il delitto perfetto. Possibile che nei 10 anni di civiche guidate da Bacci non si sia trovato un candidato espressione di quell’esperienza che ben aveva amministrato la città?
Possibile che nessuno sia riuscito a recepire la lezione 2020 delle Elezioni Regionali e delle Comunali di Senigallia secondo la quale civiche e partiti riescono a convivere e, insieme, a vincere? Questi risultati dovrebbe far accendere più di un faro per iniziare ad analizzare. Noi ovviamente partiamo avvantaggiati. Stefania Signorini sta ben governando e do per scontata la sua ricandidatura. Sulla coalizione che la sosterrà occorrerà tuttavia ragionare alla luce di quanto esposto sopra. Uniti per Falconara e Falconara in Movimento restano le liste più votate ma non mi stupirei se al fianco di queste e altre civiche si aggregassero i partiti tradizionali. Non è una questione di esposizione di simboli (problema del tutto superabile e marginale), piuttosto di idee e di passione politica, che albergano, ancora e a buon diritto (costituzionale) nei Partiti Politici.
Per quel che riguarda la nostra area civica cittadina auspico un dibattito aperto e costruttivo che possa ampliare il perimetro politico perché, come dicevo prima, Senigallia e Regione insegnano. Si vince se si va uniti ovviamente tenendo sempre la barra dritta sulla presentabilità dei candidati, sul lavoro di gruppo, sulle reali esigenze dei cittadini, sulla capacità di ascolto e di dialogo.
Possibile che nessuno sia riuscito a recepire la lezione 2020 delle Elezioni Regionali e delle Comunali di Senigallia secondo la quale civiche e partiti riescono a convivere e, insieme, a vincere? Questi risultati dovrebbe far accendere più di un faro per iniziare ad analizzare. Noi ovviamente partiamo avvantaggiati. Stefania Signorini sta ben governando e do per scontata la sua ricandidatura. Sulla coalizione che la sosterrà occorrerà tuttavia ragionare alla luce di quanto esposto sopra. Uniti per Falconara e Falconara in Movimento restano le liste più votate ma non mi stupirei se al fianco di queste e altre civiche si aggregassero i partiti tradizionali. Non è una questione di esposizione di simboli (problema del tutto superabile e marginale), piuttosto di idee e di passione politica, che albergano, ancora e a buon diritto (costituzionale) nei Partiti Politici.
Per quel che riguarda la nostra area civica cittadina auspico un dibattito aperto e costruttivo che possa ampliare il perimetro politico perché, come dicevo prima, Senigallia e Regione insegnano. Si vince se si va uniti ovviamente tenendo sempre la barra dritta sulla presentabilità dei candidati, sul lavoro di gruppo, sulle reali esigenze dei cittadini, sulla capacità di ascolto e di dialogo.
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Arretramento, il Ministro nelle Marche ma solo per il "privé" di Ricci al Caterraduno
C’era una volta la Festa dell’Unità dove, la politica in vacanza dal Palazzo, il dibattito si spostava tra un menu fisso e un ballo liscio. Oggi, nell’era dei partiti post ideologici a qualche nostalgico non sembrerà vero ciò che si configurerà il primo luglio nelle Marche quando il ministro alle Infrastrutture, Enrico Giovannini, sarà ospite del Caterraduno 2022 organizzato nella Pesaro del sindaco Ricci dopo l’addio a brutto muso a Senigallia passata nel frattempo al brutto-sporco-cattivo di centrodestra Olivetti. Chiariamo subito: Giovannini, formalmente un indipendente, un tecnico, ma di chiara appartenenza all’area dem, può decidere di passare l’estate dove meglio crede e incontrare chiunque voglia.
Non può passare inosservato, tuttavia, la presenza del Ministro con tutto il peso del suo dicastero in quella Pesaro che punta all’arretramento ferroviario in solitaria (al più concede una sponda a Fano) alla corte di quel Ricci messo all’indice da tutti gli altri sindaci della costa marchigiana non più tardi di due mesi fa. Si disse, a voce unica da Marotta fino a San Benedetto del Tronto, che il progetto di arretramento doveva valere per tutti. La stessa Regione Marche ha chiesto a Rfi di prevedere l’opera sull’intero tracciato e a parte un “ci stiamo ragionando” del commissario straordinario per il raddoppio della Orte-Falconara non ci sono stati altri riscontri. E ora? L’assenza di notizie è sempre molto sospetta in questi casi.
Lo scellerato progetto del Muro sul Mare, messo in ghiacciaia ma mai stracciato, potrebbe far la sua ricomparsa con l’incremento del traffico merci (hanno calcolato un convoglio ogni 8 minuti ogni giorno) sulla linea Adriatica. I “ci stiamo ragionando” non bastano. L’arrivo di Giovannini a Pesaro, fatte tutte queste premesse, politicamente pesa come un macigno. Non può e non deve passare inosservato. Dovrebbero, sindaci e regione, scrivere al Ministro per chiedergli un incontro dove far valere le ragioni di tutto un territorio che non è, fino a prova contraria, limitato a Pesaro e (per grazia ricevuta) Fano. In una recente interrogazione parlamentare Giovannini ha detto che avrebbe incontrato tecnici della Regione e territori. Magari adesso che viene nelle Marche è l’occasione buona per dar seguito a quanto verbalizzato in aula.
Non può passare inosservato, tuttavia, la presenza del Ministro con tutto il peso del suo dicastero in quella Pesaro che punta all’arretramento ferroviario in solitaria (al più concede una sponda a Fano) alla corte di quel Ricci messo all’indice da tutti gli altri sindaci della costa marchigiana non più tardi di due mesi fa. Si disse, a voce unica da Marotta fino a San Benedetto del Tronto, che il progetto di arretramento doveva valere per tutti. La stessa Regione Marche ha chiesto a Rfi di prevedere l’opera sull’intero tracciato e a parte un “ci stiamo ragionando” del commissario straordinario per il raddoppio della Orte-Falconara non ci sono stati altri riscontri. E ora? L’assenza di notizie è sempre molto sospetta in questi casi.
Lo scellerato progetto del Muro sul Mare, messo in ghiacciaia ma mai stracciato, potrebbe far la sua ricomparsa con l’incremento del traffico merci (hanno calcolato un convoglio ogni 8 minuti ogni giorno) sulla linea Adriatica. I “ci stiamo ragionando” non bastano. L’arrivo di Giovannini a Pesaro, fatte tutte queste premesse, politicamente pesa come un macigno. Non può e non deve passare inosservato. Dovrebbero, sindaci e regione, scrivere al Ministro per chiedergli un incontro dove far valere le ragioni di tutto un territorio che non è, fino a prova contraria, limitato a Pesaro e (per grazia ricevuta) Fano. In una recente interrogazione parlamentare Giovannini ha detto che avrebbe incontrato tecnici della Regione e territori. Magari adesso che viene nelle Marche è l’occasione buona per dar seguito a quanto verbalizzato in aula.