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Burocrazia, mon amour ma non sempre: breve storia di paralisi e appalti diretti
Sottotitolo: quanta paura del mercato!
Torno ad occuparmi di burocrazia asfissiante a più di un mese dal crollo del cavalcavia sulla Milano Lecco, incidente che è costata la vita ad un automobilista e tragedia che poteva essere evitata se solo qualcuno si fosse preso la propria responsabilità e la briga di agire tempestivamente. Nella partita di tennis che si scatena, ormai ordinariamente, tra Enti per tutto, in quel caso tra Provincia e Anas, il tempo passa e il danno arriva. Cose di questo tipo accadono anche nelle nostre contrade. Non così gravi, per fortuna, vuoi perché la sorte è stata favorevole, vuoi perché l'intervento tempestivo di altri soggetti, per così dire, “esterni”, in primis Vigili del Fuoco, ma non solo, ha scongiurato quasi sempre non augurabili implicazioni. Ma cosa origina il non fare delle Pubbliche Amministrazioni? Come mai un marchingegno già lento riesce a paralizzarsi del tutto? Carlo Mochi Sismondi, che di queste cose se ne intende, essendo stato consulente per l'innovazione di ben 15 Governi italiani, riuscendo a mantenere una sostanziale terzietà, e Presidente di ForumPA, un'azienda che ha come obiettivo di mettere in relazione imprese e pubbliche amministrazioni, in un suo articolo parla di “burocrazia difensiva”. Il concetto è semplice: chi non fa, non falla. Chi si prende una responsabilità, al contrario, può andare incontro a notevoli difficoltà di ordine amministrativo, se non giudiziario. Anni fa a Falconara istituimmo, con apposita procedura contrattualizzata con la ditta incaricata, un innovativo metodo differenziato di pagamento, da parte dell'automobilista, della sosta sulle famose “righe blu”, nel caso la permanenza si fosse involontariamente prolungata oltre il termine previsto. Metodo banalmente chiamato, dagli utenti, “multino”. In sostanza si potevano aggiungere 5 euro, pari alla tariffa giornaliera. Io la consideravo una soluzione ottimale: non ha senso punire con una sanzione elevata chi, per una fila alle Poste – per dire – tarda qualche minuto oltre il tempo ipotizzato. Nonostante la facilitazione nei confronti dei cittadini, c'era chi sosteneva che si potesse configurare, dal lato amministrativo, un danno erariale. Ci fu più di una resistenza. Alla fine vinse l'innovazione e il buon senso. Per poco, però. Con il cambio di appalto la misura non fu ripristinata.Nel caso, certamente di altra natura, del viadotto crollato Anas e Provincia si rimpallano le responsabilità. Nessuno dei due Enti se l'è sentita perché, altrimenti, si sarebbe potuto configurare un abuso d'ufficio o, anche, un altro reato. “Meglio subire un ordine che avere una iniziativa. Meglio porre un quesito che firmare" scrive Sismondi sul suo sito. A tutto vantaggio di chi naviga nel dedalo delle normative e nel grigio della burocrazia praticata. Tutto titanico. Anche l'operazione più semplice: una manutenzione necessaria, l'implementazione del pur preziosa videosorveglianza, l'affidamento di un servizio di base ai cittadini o la stessa cooperazione dovuta, per un obiettivo specifico, tra Polizie Locali di Comuni contermini. Improvvisamente, un bagliore! Tutto cambia. Per altre questioni. È il caso di questi giorni, per i nostri Comuni, con l'affidamento del servizio integrato dei rifiuti ad una sola azienda. Tutto, nella fattispecie, deve avanzare in maniera spedita, senza intoppi. Ogni ripensamento viene considerato arbitrario. Anzi, si rischia di essere bacchettati. Per carità, niente di illegale ma, secondo le leggi (scusate il bisticcio), in “house providing” per dirla in maniera sofisticata e appena elegante! Ma come? Si indicono manifestazioni di interesse per comprare delle penne o gare di appalto per aggiustare tratti, anche insignificanti, di strade o marciapiedi e si intenderebbe aggiudicare servizi milionari, in settori di straordinaria e vitale importanza, senza un vero, reale confronto tra realtà concorrenti e analisi economico/finanziarie complete e a tutto tondo, per offrire il migliore servizio al cittadino? Solo perché “il pubblico è bello”? Sarebbe necessario applicare il giusto equilibrio nelle cose, altrimenti si rischia di consentire uno Stato che applica la rigidità per le sciocchezze e la faciloneria per le grandi cose. Chi ha paura del Mercato? Chi sa, chi può, chi vuole mi risponda. Sarò ben felice di cambiare opinione.
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Sicurezza sulla Flaminia, riuscirà Ancona a ragionare come un Capoluogo?
L'assessore di Ancona Stefano Foresi, persona amabile e fortemente impegnata sul piano sociale e amministrativo, indirettamente, ma sostanzialmente, ha confermato nei giorni scorsi, sulle pagine di un quotidiano locale, ciò che ho avuto l'opportunità di ribadire sulle stesse colonne circa la sicurezza stradale di via Flaminia. Foresi è anzi entrato nei particolari del bando sulla sicurezza stradale di ispirazione ministeriale, ma gestito dalla Regione Marche, dando cifre corrette, peraltro ampiamente documentabili da chiunque, mediante un semplice accesso agli atti. Invero la stessa informazione capillare e rispetto degli impegni presi li si dovrebbe dimostrare anche per altre questioni, come, ad esempio, il disservizio che si causa al flusso di traffico su Via Redi, tra Falconara e Ancona, inopportunamente interrotto nelle ore mattutine in contemporanea con l'afflusso scolastico, causando notevoli difficoltà e "molestie" ai cittadini falconaresi. Stiamo ancora attendendo, lo ripeto, il rispetto degli impegni presi per una soluzione più semplice e razionale del problema!
Torno al Bando. La parte prevista, oltre alle opere, e dedicata al finanziamento della formazione ed educazione stradale, da realizzarsi principalmente nelle scuole, è del tutto secondaria, rispetto all'impegno per la struttura viaria e per i manufatti connessi. Essa coinvolge anche il coinvolgimento e la collaborazione di Enti "esterni", come l'Aci e la Federazione Motociclistica Nazionale. Si tratta solo di determinare, concordemente e in maniera più contenuta, i relativi importi finanziari, con il N.O. della Regione, rispettando lo spirito del bando. D'altra parte non esiste sicurezza stradale senza cultura, educazione tra gli utenti e rispetto del Codice della Strada. Assieme al Comune di Ancona, in un progetto unitario (forse l'unico?), risultammo vincitori per avere messo a fuoco e al centro dell'attenzione un tratto di territorio tra i più convulsi e trafficati della Regione; con un procedimento amministrativo e con un pool di tecnici di ambedue gli Enti, che hanno lavorato all'unisono per circa due mesi.
Fatto più unico che raro. Ma evidentemente le buone cose non si riescono a fare, in questo Paese. Prevale sempre, in definitiva, la visione municipalistica, anche di un Capoluogo. Ore di lavoro perse? Impiego inutile di ingegneri, geometri, funzionari amministrativi? Sarebbe avvilente. Speriamo di no. Noi di Falconara, come Ancona, abbiamo già fatto e facciamo la nostra parte nell'ambito dei nostri confini amministrativi, pur con le magre risorse a disposizione. Ma, almeno per una volta, possiamo realizzare delle cose assieme? In una visione unitaria? Magari iniziando, appunto, dalle arterie stradali che, per loro natura e funzione, non conoscono i confini comunali. Si riuscirebbero, a mio avviso, ad affrontare in maniera più organica i problemi e le soluzioni sarebbero certamente migliori, se non ottimali. Ai cittadini non interessa, andando al succo, se una strada è dell'uno o dell'altro Comune, quanto l'efficienza dei servizi e la possibilità di muoversi celermente e in sicurezza in un territorio vasto. Rinnovo, quindi, ancora la possibilità di sbloccare i fondi. Le soluzioni, legittime e soddisfacenti si possono certamente trovare. Con il concorso di tutti. Sarebbe anche un buon servizio che si farebbe ai cittadini di Falconara, il cui Comune, diversamente da Ancona, non può accedere, ancora per parecchi anni, a mutui. Per insipienza delle passate amministrazioni.
Torno al Bando. La parte prevista, oltre alle opere, e dedicata al finanziamento della formazione ed educazione stradale, da realizzarsi principalmente nelle scuole, è del tutto secondaria, rispetto all'impegno per la struttura viaria e per i manufatti connessi. Essa coinvolge anche il coinvolgimento e la collaborazione di Enti "esterni", come l'Aci e la Federazione Motociclistica Nazionale. Si tratta solo di determinare, concordemente e in maniera più contenuta, i relativi importi finanziari, con il N.O. della Regione, rispettando lo spirito del bando. D'altra parte non esiste sicurezza stradale senza cultura, educazione tra gli utenti e rispetto del Codice della Strada. Assieme al Comune di Ancona, in un progetto unitario (forse l'unico?), risultammo vincitori per avere messo a fuoco e al centro dell'attenzione un tratto di territorio tra i più convulsi e trafficati della Regione; con un procedimento amministrativo e con un pool di tecnici di ambedue gli Enti, che hanno lavorato all'unisono per circa due mesi.
Fatto più unico che raro. Ma evidentemente le buone cose non si riescono a fare, in questo Paese. Prevale sempre, in definitiva, la visione municipalistica, anche di un Capoluogo. Ore di lavoro perse? Impiego inutile di ingegneri, geometri, funzionari amministrativi? Sarebbe avvilente. Speriamo di no. Noi di Falconara, come Ancona, abbiamo già fatto e facciamo la nostra parte nell'ambito dei nostri confini amministrativi, pur con le magre risorse a disposizione. Ma, almeno per una volta, possiamo realizzare delle cose assieme? In una visione unitaria? Magari iniziando, appunto, dalle arterie stradali che, per loro natura e funzione, non conoscono i confini comunali. Si riuscirebbero, a mio avviso, ad affrontare in maniera più organica i problemi e le soluzioni sarebbero certamente migliori, se non ottimali. Ai cittadini non interessa, andando al succo, se una strada è dell'uno o dell'altro Comune, quanto l'efficienza dei servizi e la possibilità di muoversi celermente e in sicurezza in un territorio vasto. Rinnovo, quindi, ancora la possibilità di sbloccare i fondi. Le soluzioni, legittime e soddisfacenti si possono certamente trovare. Con il concorso di tutti. Sarebbe anche un buon servizio che si farebbe ai cittadini di Falconara, il cui Comune, diversamente da Ancona, non può accedere, ancora per parecchi anni, a mutui. Per insipienza delle passate amministrazioni.
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Referendum: non ha vinto la conservazione, ha perso la mancanza di coraggio
Terminata l'abbuffata referendaria, il lavoro non si ferma. Già. Perché al di là di come la si pensi non credo che la vittoria netta dei No stia a indicare che tutto va bene così come è e che gli italiani siano particolarmente innamorati di Senato e Cnel. Un paio di riflessioni a caldo. Bene ha fatto Renzi ad assumersi la responsabilità esclusiva della sconfitta: è chiaro che legando il quesito alla sua persona ha trasformato la consultazione in un plebiscito e la Costituzione non può essere utilizzata come grimaldello politico d'occasione. Ne va della stessa credibilità della politica: non possiamo trasformare l'Italia in una Repubblica delle banane o di tipo sudamericano. Questo, per quanto riguarda la forma. Poi però c'è anche la sostanza di una riforma che, pur spacciata per rivoluzionaria, era alquanto timida rispetto alle reali esigenze del Paese. Accentratrice nei confronti dei territori (anche quelli virtuosi e alla faccia di un vero federalismo, non quello pasticciato che abbiamo ora), con un Senato che rimane anche se depotenziato (e allora perché non toglierlo del tutto?) e tutta una serie di modifiche tali da sembrare il vestito nuovo messo addosso a una vecchia rugosa. Dove per "vecchia rugosa" non si intende la Costituzione nei suoi Principi Fondamentali, che andrebbero attuati anziché solo decantati come "i più belli del mondo", bensì l'organizzazione dello Stato.
Oggi, posate le bandiere di una e dell'altra parte, ciò che veramente mi ha impressionato, è stata l'alta partecipazione. E, nel dettaglio, il numero di voti validi. Chi si è recato alle urne ha fatto una scelta. Pochissime le schede bianche (0,23%) e le nulle (0,58%). Nelle Marche il No si è attestato al 55,05%. Nei maggiori centri della Provincia di Ancona non c'è stata partita. Sia in quelli amministrati dal Pd (Ancona, Senigallia, Osimo e Fabriano) sia in quelli "civici" come Jesi e Falconara. Le meravigliose imprese di Renzi nei suoi 1000 giorni a Palazzo Chigi? Racconti. Il popolo – che ormai non crede più a sondaggisti, giornali, élite culturali ma ai conti che quotidianamente è costretto a fare con la dura realtà – non gli ha creduto. Tra i cittadini abbiamo visto saltare gli schieramenti tradizionali e andare verso nuove aggregazioni. C'è una nuova forza sociale nel Paese, trasversale ai concetti novecenteschi di "destra" e "sinistra" o, come si dice dalla Seconda Repubblica in poi, di "centrodestra" e "centrosinistra". Una forza che unisce le vecchie generazioni alle giovani attraverso il magnete della buona volontà e del bene comune. Del rimboccarsi le maniche e di aiutarsi reciprocamente.
Una forza che sempre più mal tollera i paletti della burocrazia e smania per avere autonomia da un apparato centrale, sue diramazioni comprese, al timone dalla notte dei tempi. Nel piccolo del nostro territorio, Brandoni ha vinto nel 2008 non perché di centrodestra ma come alternativa alle macerie lasciate da chi lo aveva preceduto. È stato confermato nel 2013 sulla scorta di quanto di buono lui e il suo gruppo politico, di cui mi pregio di far parte, era riuscito a fare in termini di risanamento. Nel 2018 vincerà chi meglio saprà far sue le battaglie quotidiane dei cittadini e che con più coraggio saprà battersi per loro e con loro. Anche se questo significherà scontentare il Palazzo. Lo abbiamo visto con l'ipotesi di hotspot per immigrati in zona Saline. Con i cittadini in strada a protestare e a far saltare un piano che sarebbe stato attuato come un blitz se la comunità fosse rimasta silente. Nella nostra città il No ha vinto con il 53,63%: 8080 cittadini. I Sì hanno ottenuto invece 6986 ics, pari al 46,37%. E davvero non credo che il No sia sinonimo di conservazione. Il fronte del cambiamento è molto più ampio di quel che si crede. Ma serve cambiamento vero, coraggio vero di affrontare le situazioni. Già dai prossimi giorni quando saremo chiamati ad affrontare la partita della gestione dei rifiuti. E sulle antenne. Sugli sversamenti in mare. Sulla questione ambientale. Coraggio. Perché un vestito nuovo a una vecchia rugosa non interessa più nessuno.
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Falconara è da oltre 40 anni senza un piano anti terremoto: stiamo lavorando anche questo
Le nuove scosse di terremoto degli ultimi giorni hanno riportato il grande pubblico a parlare di sicurezza in caso di calamità. Un sisma, come nel nostro caso, ha sempre la capacità di polarizzare – almeno nell'immediatezza – il dibattito. Nazionale e locale. Salvo poi essere abbandonato altrettanto rapidamente con il passare dei giorni. Falconara non fa eccezioni. Tanto che dalla serata di mercoledì, a partire dai social fin nelle piazze, è tutto un susseguirsi di commenti, domande, riflessioni e anche divagazioni sul tema. Come amministratori, nei minuti successivi le scosse, pur a circa 80 chilometri dall'epicentro (in foto un'immagine di Camerino), abbiamo convocato il Coc (Centro Operativo Comunale) per valutare il da farsi. Verifiche sulle strutture erano indispensabili. Non perché gli edifici non siano a norma. Quelli sono altri controlli che abbiamo già effettuato nel tempo. Ma perché è bene verificare sempre dopo un evento del genere. Nell'impossibilità operativa di avviare controlli notturni da parte dell'ufficio tecnico comunale, il sindaco Brandoni ha preferito, come per altro molti altri sindaci del territorio, chiudere le scuole di ogni ordine e grado per giovedì 27. Giornata interamente dedicata alle strutture. Tutte risultate agibili e non danneggiate tanto che in serata si è provveduto a comunicare alla popolazione la loro riapertura per il giorno successivo. Allo stesso tempo sono stati allertati i gestori dei campi sportivi comunali, dei palasport e delle palestre di tenere aperto e con le luci accese per ospitare potenziali cittadini che non fossero stati tranquilli tra le mura domestiche. Questa iniziativa rientra nel piano di emergenza cittadino e fa parte di quelle azioni amministrative che vengono portate avanti da tempo. Quando, cioè, le luci dei riflettori sono spente. Quando il dibattito è altrove, magari focalizzato su una buca in strada da rattoppare, su un marciapiede dissestato, sull'erba troppo alta di un'aiuola. Temi che nell'ordinario del quotidiano hanno pur sempre la loro importanza, per carità. Guai all'amministratore che trascura questi aspetti. Ma guai anche a svegliarsi travolti dall'emergenza. È per questo che, come dicevo, da tempo stiamo lavorando alla realizzazione di un PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE che accorpi i vari protocolli di emergenza vigenti e quelli in via di completamento. Che Falconara sia una realtà problematica non è una novità. Che dal 1972, anno del terremoto di Ancona, a oggi non si sia predisposto un piano di emergenza in caso di sisma è assurdo.
L'epoca d'oro delle giunte di centrosinistra, quelle del Grande Debito falconarese, hanno giusto partorito il Piano di Emergenza Esterna in caso di incidente rilevante alla raffineria Api. La procedura è stata da noi migliorata nel 2014. Dovete sapere che prima di allora il Comune veniva avvisato solo se l'incidente era particolarmente grave. Con la nostra revisione, il Comune viene sempre avvisato. Sta poi alla responsabilità degli amministratori intraprendere le azioni più opportune nei confronti dei cittadini. A partire dal semplice avviso fino, nei casi più estremi, all'evacuazione dei quartieri. Si resta basiti se si pensa a decenni di amministrazioni a contatto con varie industrie, non solo Api, e appena un protocollo nato dopo l'incendio in raffineria del 1999. Cosa abbiamo fatto noi in questi anni? Il mese scorso il sindaco Brandoni e l'assessore Astolfi hanno riepilogato la situazione attuale. Oltre al già detto Piano che riguarda la Raffineria, Falconara è dotata di un piano di sicurezza dell'aeroporto Sanzio, un piano neve, un piano che riguarda gli interventi in caso di inquinamento da idrocarburi sulla costa (progetto regionale di cui siamo Ente capofila) e un piano di emergenza per incendi boschivi.
E il terremoto? A 44 anni (quarantaquattro!) di distanza da Terry, visto che non ci aveva pensato nessuno, stiamo lavorando anche a questo e siamo in dirittura d'arrivo. Con l'intento di arrivare a fine legislatura al PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE. Piano, lo ricordo, contenuto nel nostro Programma Elettorale 2013. Stiamo mantenendo una promessa fatta agli elettori che è prima di tutto un dovere degli amministratori (tutti, a prescindere dallo schieramento) nei confronti della popolazione. Siamo compatti nel considerare questa una priorità non più rinviabile. La maggior parte degli aspetti è stata già affrontata. Dalla mappa sismica cittadina alle aree a rischio esondazione, dalle aree a rischio frana ai punti di attesa, ricovero e raccolta tenendo conto del numero di cittadini residenti nei vari quartieri e la viabilità di emergenza. Quello che è rimasto da fare è mettere insieme tutti i dati dei vari settori ed elaborare il Piano Unico. Ovvio, tutto ciò non può rimanere in un cassetto del Comune ma deve essere quanto più divulgato ai cittadini. Lo so, in comunicazione dobbiamo migliorare. Non sarei onesto con i cittadini e con me stesso se affermassi il contrario. Incontri pubblici, simulazioni periodiche, brochure e campagne informative, social network, un servizio di messaggistica che informi e orienti i cittadini in caso di necessità. Azioni per trasformare in patrimonio conoscitivo comune, che in situazioni di crisi fa la differenza e salva vite, uno strumento che se non divulgato rischia di restare un faldone burocratico e polveroso fine a se stesso.
