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Le 10 regole d'oro per conoscere banche e risparmio
(e fare un po' di chiarezza su un caso tutto italiano)
(e fare un po' di chiarezza su un caso tutto italiano)
Nel corso della mia vita professionale ho svolto per decenni il ruolo di consulente finanziario. In questi giorni il caso delle banche in sofferenza, che coinvolge il nostro territorio con Banca Marche, riempie le pagine dei giornali ma tra le tante dichiarazioni lette, tutti, senza alcuna eccezione, dicono, anche ora, solo mezze verità. Non pretendo di essere esaustivo, data la complessità della materia, ma alcune cose vanno dette, per amore di verità:1) Non esiste alcun investimento finanziario a rischio “zero” o che possa garantire appieno il capitale iniziale. Nemmeno i famosi “Pronti contro Termine” (PCT), i Titoli/Obbligazioni di Stato, a breve (BOT) o a lungo termine (BTP), le Obbligazioni bancarie o societarie (Senior o Subordinate), le Polizze Assicurative, gli altri prodotti strutturati finanziari (cioè costruiti ad hoc dalle diverse Centrali finanziarie) e naturalmente le azioni (di società o bancarie), tanto per citare gli strumenti finanziari più consueti e conosciuti.
Chi afferma il contrario o mente o è un cialtrone.
2) Il primo dovere di un consulente finanziario o funzionario/impiegato di banca è quello di educare (se ne è capace) il singolo risparmiatore, specie se si rende conto che è ignaro in materia; non quello di realizzare in primis “business” per conto di chi lavora o, a vario titolo, opera nel mercato.
3) L'investimento deve essere calibrato sulle esigenze, specie di lungo periodo, del cliente, non sul prodotto finanziario, perché non esiste il prodotto “buono” in assoluto, ma deve essere riferito o riferibile agli obiettivi della persona e (aggiungo) della propria famiglia.
4) L'approccio più consueto utilizzato dalla banca è prevalentemente quello aggressivo, per “fare” il cliente, non quello di ragionare con lui o di farlo ragionare, insieme, dalla stessa parte.
5) Nel 2004 l'Unione Europea ha emanato la MIFID (l'Italia, come spesso avviene, l'ha recepita, tardivamente e forse colpevolmente, solo nel 2007) cioè la Direttiva Comunitaria in materia di strumenti finanziari nei mercati regolamentati, al fine di creare un mercato più competitivo e per proteggere gli investitori, specie i singoli risparmiatori. L'approccio in ottemperanza delle banche è prevalentemente oscillato tra un adempimento meramente burocratico (“....firmi qui, è un semplice atto formale, dovuto dalle nuove norme....”) o una sorta di aggiramento (all'italiana) della norma. I questionari, infatti, costruiti per aiutare clienti e consulenti, sono stati realizzati in maniera superficiale o inutilmente investigativi. Solo di recente le maglie si sono fatte più strette, così da ridurre drasticamente le potenziali “vittime”.
6) I Prospetti Informativi (obbligatori per legge) sono, in modo esagerato, complessi e minuziosi (buoni solo per gli investitori istituzionali o altamente professionali), praticamente incomprensibili al pubblico/risparmiatore; anche quelli sintetici, che dovrebbero risaltare per semplicità e chiarezza, glissano, spesso, su alcuni elementi importanti e decisivi (vedi le classi di rischio).
7) L'istituzione tra il 1992/93 della Banca Universale (tuttofare), nella gestione del risparmio ha accentuato la disinvoltura nell'approcciare il potenziale cliente, oltre a dare la stura, a più alti livelli, a conflitti di interesse, incursione temerarie nel sistema delle imprese, ad operazioni rischiose non debitamente coperte da garanzie. Di più. Il sistema bancario italiano si è rivelato sostanzialmente impreparato o inadatto ad operare o competere in un mondo globalizzato e in una logica concorrenziale a tutto campo.
8) La Banca d'Italia e la Consob hanno difettato nelle procedure dei controlli, spesso limitandosi ad azioni formali e poche volte andando efficacemente al cuore dei problemi e a quello che realmente stava accadendo nei territori.
9) Lo stesso Stato, al di là dei proclami e delle periodiche (stucchevoli) Giornate del Risparmio, non ha svolto un vero ruolo di tutela dei risparmiatori, come dal dettato costituzionale. Anzi, quando si è trovato nella importante decisione o necessità di dismettere quote proprie di partecipazioni societarie (vedi ENI, ENEL, POSTE ITALIANE, etc.), anche in tempi recenti, lo ha fatto ponendo in primo piano la necessità di fare “cassa”, non curandosi eccessivamente di far emergere la componente “rischio”, specie nei confronti del semplice cittadino, dimenticandosi che tale aspetto è insito in ogni operazione finanziaria.
Semplice sottovalutazione? Forse. Ma se per il singolo è un peccato veniale, per un organo dello Stato diviene estremamente grave.
10) Se si leggono attentamente tutte le clausole addirittura di un “semplice” Conto Corrente, non è difficile enucleare condizioni e norme tutte prevalentemente a “vantaggio” e garanzia della banca. Per lo stesso impegno da essa assunto di garantire i correntisti fino a 100mila euro attraverso un Fondo Interbancario, non si avverte la clientela che non si tratta di una garanzia assoluta o a prescindere, bensì di un impegno preso da tutte le banche, ad iniziare da quelle maggiori, di soccorrere eventuali situazioni di crisi di liquidità finanziaria. I clienti, correntisti, risparmiatori andrebbero avvertiti e resi consapevoli che l'impegno, è vero esiste, ma non è utile a fronteggiare crisi di sistema e nemmeno crisi di vasta scala. Sarebbe troppo illustrare questi aspetti? Qualcuno può dire. In verità non è un esercizio inutile.
Abbiamo bisogno sempre di più di cittadini informati, responsabili e consapevoli. Un vero salto di qualità.
Potrei continuare, ma non voglio scadere nella retorica. Più semplicemente dico che Governo, Banca d'Italia, Consob, Sistema Bancario e le stesse Banche in difficoltà, singolarmente prese (non solo le 4 agli onori della cronaca) non possono tirarsi fuori dalle loro responsabilità in materia. Una azione risarcitoria in favore dei risparmiatori (totale o, quanto meno, consistente e significativa) è, quanto meno, doverosa. Non si invochi, a sproposito, l'Unione Europea, quando il malessere e tutto e prevalentemente italiano.
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Sanzio/Novaport, l'emblema di un Paese in paralisi
Le notizie di questi giorni su Aerdorica e sullo stop subito dall'operazione con i russi di Novaport mi riportano al film già visto ogni volta che si intraprende un iter di particolare impegno, per certi versi nuovo e in cui spesso si ha a che fare con lo Stato. Ora, io non sono un esperto di procedure e vorrei che le stesse, quelle legittime e trasparenti, siano sempre rispettate. Ma non posso fare a meno di rilevare che il cosiddetto Sistema Italia non può essere competitivo in questo modo. L'insopportabile groviglio di norme, le incertezze interpretative, il sospetto di brogli inficiano ogni operazione economica. Giusto e doveroso combattere il malaffare ma estremizzare la lotta o rispettare in maniera manichea la forma ci sta portando a bloccare tutto. Anche dove è possibile creare occupazione, impulsi produttivi, apertura verso l'esterno, verso il mondo. Strano paese il nostro: grandi potenzialità, una grande storia, grande fantasia, grande inventiva, eppure incapace di coniugare il vecchio con il nuovo, il passato con il presente, la sicurezza del benessere con la concorrenza economica, la certezza del diritto con la democrazia praticata.
Sul caso Sanzio/Novaport, senza voler giocare allo scaricabarile, ci sono sicuramente delle resposabilità che vanno accertate. Serve finalmente chiarezza se vogliamo davvero affrontare il futuro. Aerdorica, e Belluzzi in testa, era consapevole della inopportunità delle procedure messe in atto? Secondo Enac e Ministero, sembrerebbe di sì. Oppure queste procedure indicate dagli Enti citati erano talmente complicate o fumose o labili da indurre l'ora ex cda a esplorare vie più immediate con l'obiettivo di essere concreti, produttori di risultati tangibili nel campo dei fatti economici?
Stante così le cose il risultato è diventato inevitabile: la paralisi! Siamo all'ennesima dimostrazione di non saper essere in grado di attrarre finanziatori e capitali esteri. In barba a qualsiasi ricorrente giaculatoria, formulata da vari quadrati e da vari livelli, Governo in testa, che recita incessantemente circa la vitale necessità per il nostro paese, in un mondo globalizzato, di ricercare investimenti da oltre confine. La speranza che formulo è che l'opzione Novaport non sia definitivamente perduta. Il “nostro” aeroporto è una macchina troppo importante per rimettere in moto un meccanismo produttivo, regionale e non solo, da troppo tempo arrugginito e inceppato. Da soli – e il profondo rosso del bilancio di Aerdorica è lì a evidenziarlo - non ce la faremo mai.
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Regione di Mezzo, non bastano righello e buone intenzioni
Da qualche tempo il dibattito politico sul futuro dell'assetto amministrativo è incentrato sull'accorpamento delle Regioni e per le Marche si parla della cosiddetta Regione di Mezzo, ovvero l'unione della nostra con Toscana e Umbria. Proprio oggi i presidenti Luca Ceriscioli (Marche), Enrico Rossi (Toscana) e Catiuscia Marini (Umbria) come novelli Stalin, Roosevelt e Churchill che a Yalta ridisegnarono a tavolino i confini delle Europa, provano a fare altrettanto con le regioni che guidano. Gomma, righello e matita, però, in questo caso, non sono sufficienti alle reali necessità dei territori.Partiamo dal fatto che, tolte di mezzo le Province, abbiamo bisogno di un nuovo assetto amministrativo. Il che non significa per forza produrre poltrone e posti al sole per la politica ma definire competenze e ambiti operativi. Vanno ridefiniti i confini, incentivate le unioni e le fusioni tra Comuni senza tuttavia trascurare l'aspetto storico e identitario dei territori, le esigenze delle popolazioni. Nelle Marche abbiamo 1,5 milioni di abitanti suddivisi in 236 Comuni. Troppi. È come se ogni Ente territoriale dovesse amministrare circa 6000 abitanti. Si va dai 101mila di Ancona ai 120 scarsi di Acquacanina. Un condominio di Falconara, città della quale sono amministratore, è più popoloso.
Per quanto riguarda le Regioni, invece, devo ammettere che l'Italia di Mezzo è molto più affascinante e condivisibile dell'ipotesi di dividere le Marche mandando la Provincia di Pesaro Urbino in Emilia Romagna per accorpare il resto all'Abruzzo. Lo stesso Pd pesarese, nella logica che è meglio fare il pesce grosso dello stagno, piuttosto che il piccolo nel grande mare, non vede di buon occhio la divisione in salsa romagnola. L'Italia di Mezzo solletica l'immaginazione ma il più entusiasta dell'idea è il governatore toscano Rossi. Il nostro Ceriscioli e l'umbra Marini gli vanno dietro.
Resto convinto che, come già detto, righello e buone intenzioni non bastano. Vanno stabilite responsabilità e competenze, vanno definiti gli ambiti secondo le reali esigenze dei territori. Un po' come ha detto nei giorni scorsi Fabrizio Barca, ospite ad Ancona di un convegno che ho seguito con molto interesse, i nuovi confini "non potranno essere ridisegnati dai tecnocrati di Roma. Nuove ''alleanze e filiere'' nascono dal basso, dalle comunità locali". Senza regole è facile immaginare che la Toscana, con oltre il doppio degli abitanti delle Marche, renda marginali le altre due regioni. E allora tanto vale restare come siamo.
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A proposito di sicurezza e Montedison
Ieri mattina le forze dell'ordine - carabinieri della Tenenza, del Nucleo Cinofili di Pesaro e polizia municipale – hanno effettuato l'ennesimo controllo all'interno dell'ex Montedison. Tra gli edifici fatiscenti, in condizioni igieniche e sanitarie allucinanti, sono state trovate e identificate 15 persone di nazionalità romena. Molti erano già noti alle forze dell'ordine perché visti a chiedere l'elemosina fuori da supermercati o agli incroci della nostra zona. Su uno gravava il divieto di ritorno a Falconara in quanto era stato riconosciuto come autore di reati contro il patrimonio. All'interno della Montedison sono state trovate anche biciclette e altri oggetti. Si pensa possano essere frutto di furti.
Ieri mattina le forze dell'ordine - carabinieri della Tenenza, del Nucleo Cinofili di Pesaro e polizia municipale – hanno effettuato l'ennesimo controllo all'interno dell'ex Montedison. Tra gli edifici fatiscenti, in condizioni igieniche e sanitarie allucinanti, sono state trovate e identificate 15 persone di nazionalità romena. Molti erano già noti alle forze dell'ordine perché visti a chiedere l'elemosina fuori da supermercati o agli incroci della nostra zona. Su uno gravava il divieto di ritorno a Falconara in quanto era stato riconosciuto come autore di reati contro il patrimonio. All'interno della Montedison sono state trovate anche biciclette e altri oggetti. Si pensa possano essere frutto di furti.Montedison e sicurezza. Chi mi ha seguito in questi anni sa che mi sono adoperato in più occasioni per affrontare entrambe queste situazioni. Per la Montedison auspico un celere avvio dell'iter burocratico del progetto privato di recupero: al momento siamo in attesa che la Regione indichi ai due Comuni interessati (Falconara e Montemarciano) quale sia la procedura da seguire.
Sulla sicurezza, in questi giorni la giunta sta valutando un interessante progetto che riguarda il coinvolgimento attivo dei cittadini, chiamati a organizzarsi per segnalare in tempo reale cosa sta succedendo sul territorio. Mesi fa il consiglio comunale ha approvato una mozione, proposta dalla nostra maggioranza, sull'istituzione dei cosiddetti osservatori volontari. Ci furono, come sempre, molte polemiche ma quello che oggi la Prefettura propone attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa su di un Progetto denominato "Controllo di Vicinato", finalizzato ad una collaborazione sinergica dei cittadini con le Forze di Polizia Statali e Municipali, può essere intesa come la naturale prosecuzione di ciò che il consiglio comunale falconarese aveva precostituito.
Lontani dall'idea di una giustizia "fai da te", ci chiediamo: perché i cittadini non possono collaborare insieme per migliorare la comunità in cui vivono? Esistono già oggi gruppi su WhatsApp, sui social che segnalano frequentemente situazioni dubbie o di potenziale pericolo: dagli estranei del porta a porta ai furti tentati o commessi. È di qualche settimana fa l'episodio del furto di una bicicletta che, pubblicizzato sui social network, ha portato al ritrovamento della stessa e all'identificazione degli autori. Si tratta di mettere a sistema tutto questo. L'invito della Prefettura ci dice che la maggioranza aveva lavorato nel giusto senso.
Alla faccia di quanti ci accusano di improvvisazione. Esercito, osservatori volontari, telecamere, ordinanze, più illuminazione dove manca. Tutto quello che abbiamo messo in campo va nella direzione di avere una città più controllata e quindi più sicura. Ad avere la bacchetta magica, o le disponibilità finanziarie del passato, ci sarebbe voluto pochissimo tempo. Oggi dobbiamo fare i conti con un bilancio risicato, con i debiti fatti da altri, con i Governi (tutti, non solo Renzi) che tagliano sui Comuni ma non sui Ministeri. Ecco, noi facciamo ciò che è possibile fare con le risorse che abbiamo a disposizione. In bilancio siamo riusciti a mettere altri 50mila euro per altre 11 telecamere, da aggiungere a quelle già attive tra piazza Mazzini, piazza Garibaldi, la stazione, via Bixio e Castelferretti, per monitorare ulteriormente il territorio. L'installazione di questa secondo gruppo di spycam sarà ultimato per la prossima primavera. Entro il 2017 arriveremo a coprire anche la spiaggia e le zone più colpite dall'abbandono abusivo di rifiuti.
