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Come era quel proverbio? Ah, sì: la gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi. Che, nel nostro caso, essendo tali (ciechi), sono andati a sbattere per ben due volte su un palo chiamato "giustizia amministrativa". L'azienda unica dei rifiuti, già bocciata dal Tar, riceve un secondo colpo dal Consiglio di Stato e ora sono proprio curioso di vedere dove si dirigerà il sindaco di Ancona Valeria Mancinelli che, non ascoltando minimamente le obiezioni sollevate da noi (ma anche da Jesi e da Fabriano), si era messa alla testa dei sindaci Pd per affidare alla Multiservizi tutto il servizio di raccolta dei rifiuti dell'intera provincia, senza gara d'appalto, fino al 2031. Curioso, fino a un certo punto, visto lo scenario che già si componendo, il quale parla di un'operazione di maquillage societario in corso per avere un'azienda che risponda ai requisiti descritti nelle motivazioni della sentenza. Lo sostengono i vertici di Vivaservizi (si chiama così ora), gli stessi personaggi che guidavano la vecchia spa. Cambia l'insegna, il negozio resta quello. Ma torniamo alla sentenza. Come ampiamente previsto – ma non ci voleva un genio – anche il secondo grado ha dato ragione alle aziende private che hanno presentato ricorso e, purtroppo, ha dato conforto alle nostre preoccupazioni. I giudici amministrativi hanno ribadito che Multiservizi non è un soggetto al quale si può dare un affidamento diretto. Una perdita di tempo per tutti. A Falconara, dove il centrosinistra aveva confezionato un contratto capestro decennale che ha reso la città maglia nera della provincia per tassazione sui rifiuti, non abbiamo potuto fare la gara che avrebbe permesso, anche, di migliorare il servizio e di abbassare le tariffe. Quando il contratto è scaduto, nel 2017, eravamo in pieno "fervore" da azienda unica e abbiamo dovuto subire questa attesa, prorogando le vecchie condizioni.
E ora? Si apre uno scenario nuovo. Due ipotesi. Una pressoché scontata, l'altra necessariamente auspicabile. Nel primo il sindaco Mancinelli con i sindaci dem della provincia tenterà di nuovo la sortita dell'azienda unica attraverso il voto dell'Ata, i privati faranno di nuovo ricorso e avremo almeno un altro paio d'anni di proroghe dell'esistente fino all'esito finale. Da parte nostra confidiamo invece ci si possa finalmente aprire al mercato che, molti non lo sanno, non è il Demonio. Aprire una gara d'appalto, con i giusti requisiti, che premi la qualità e non solo il massimo ribasso, lasciando l'indirizzo politico al pubblico, significa creare le condizioni affinché i cittadini abbiano il miglior servizio al prezzo migliore. Intestardirsi a ribadire, in maniera quasi ossessiva, che "pubblico è bello" così, senza costrutto, ha portato la provincia a questa situazione.
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Il progetto di recupero dell'area ex Montedison ha segnato nel consiglio comunale di quest'ultima settimana un nuovo passaggio decisivo per le sorti di un'area altamente inquinata e degradata per la quale, da anni, mi sono impegnato in prima persona. Area, lo ricordo, privata. Non di proprietà comunale sulla quale l'Ente, avendo un po' di risorse, avrebbe potuto investire e decidere. L'investimento è totalmente a carico del privato e a noi, Comune, spetta il compito di rendere possibile il recupero attraverso gli strumenti urbanistici e alcuni paletti che abbiamo ritenuto essenziali. Primo su tutti, la bonifica del sito inquinato (sempre a carico del privato, ovvio).- Nata Montecatini, poi diventata Montedison l'azienda risulta chiusa dal 1988.
- L'ultimo operaio, finite le varie operazioni di trasloco, ha serrato i cancelli a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio.
- Il terreno è apparso subito molto inquinato. Nel 2001 sono state tolte le coperture in eternit.
- Nel 2003 i Comuni di Falconara (giunta Carletti, centrosinistra) e di Montemarciano (giunta Cingolani, centrosinistra) hanno iniziato a dialogare sul futuro urbanistico, ambientale ed economico dell'intera zona. Si firmò all'epoca un Protocollo d'intesa che impegnava i due Comuni a collaborare su questi fronti. Il Prg di Falconara indicò tutta la zona, anche quella a monte della statale Adriatica, come Apu (Area progetto unitario). Il Comune fece anche altro. Checché ne dicesse in campagna elettorale il candidato sindaco del Pd, Marco Luchetti, il Comune (guidato dal suo centrosinistra) chiese come compensazioni rispetto alla terza corsia, il nuovo casello di Montemarciano. Che infatti, nonostante la dicitura, è stato realizzato in territorio falconarese.
- Il recupero si è bloccato per un decennio perché le varie parti in causa non hanno mai trovato un accordo. La proprietà aveva un progetto che cozzava con il vincolo della Soprintendenza che, nel 2004, aveva dichiarato l'area un esempio di archeologia industriale.
- Nel 2013 è stato presentato un nuovo progetto che l'anno successivo, 2014, ha trovato l'ok di massima della Soprintendenza. È a qui che riparte la storia, interrotta per troppi anni.
Se 28 anni vi sembrano pochi
Ora abbiamo l'occasione di restituire alla cittadinanza una porzione di città che oggi è terra di nessuno. Davvero non riesco a capire perché da parte di alcuni gruppi politici ci sia tutta questa resistenza. O meglio, la immagino legata al dover dire no a prescindere e al giocare all'attacco per i motivi che vi ho scritto in premessa ma tutto questo non fa parte del mio modo di interpretare la politica. Ha senso dire no perché “terreno è inquinato” quando il primo passo, obbligatorio, è proprio la bonifica del sito, seguita direttamente dal Ministero dell'Ambiente e dall'Università Politecnica delle Marche? Ha senso fare i paladini della sicurezza e non capire che togliere dal degrado quella zona significa anche evitare che le vecchie costruzioni restino ricettacolo di senza fissa dimora, di affari poco chiari e di ulteriore rovina dell'esistente? Ha senso parlare di “colata di cemento” quando ogni progetto che ci è stato presentato parla di recupero delle volumetrie esistenti? Capisco la critica se si fosse costruito su un terreno vergine ma qui abbiamo già costruzioni che vanno recuperate. Ha senso infine profetizzare il disastro per le imprese economiche quando le stesse potrebbero avere la possibilità, attraverso il necessario dialogo con le associazioni di categoria, di partecipare alla realizzazione del complesso e di accedere a canoni agevolati per raddoppiare i propri punti vendita o, se ritengono, spostare l'attività in una zona più congeniale ai loro affari?
Resta l'amaro in bocca perché credo che per progetti fondamentali dovrebbe esserci unità di intenti tra forze politiche. Ovvio è più facile soffiare sulla protesta che argomentare le possibilità. Più facile star fermi e lamentarsi dell'esistente piuttosto che agire e provare a trasformare in degrado in possibilità. Che è un po' quello che stiamo vedendo in questi giorni, a livello nazionale, sulla questione Tap in Puglia. Con i 5 Stelle che ora, con RESPONSABILITÀ di governo, si accorgono che l'opera serve per approvvigionare di energia il Paese e si ritrovano contro tutti quei cittadini che in precedenza avevano aizzato sul fronte del No. È più difficile, certo, argomentare. Ma alla lunga la coerenza paga. Questo provetto è di importanza capitale per il nostro territorio ed è stata riconosciuta come “esperienza pilota della pianificazione concertata e compartecipata tra Comuni confinanti su un ambito di influenza territoriale a scala intercomunale. Un esempio di valorizzazione dell'efficacia strategica del processo valutativo (VAS) a fronte del riconoscimento di aspetti ambientali e di ambiti territoriali la cui influenza non può essere relegata all'interno dei ristretti confini amministrativi comunali".
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Presi dal quotidiano, dalle beghe giornalierere, si corre il rischio di sottovalutare temi che possono segnare il futuro – in positivo o in negativo – giudicandoli troppo di là da venire, poco interessanti. Come carattere, e a maggior ragione da assessore all'Urbanistica, ho sempre cercato di non campare alla giornata ma di procedere passo dopo passo per immaginare il disegno della città. Progetti che non nascono dall'oggi al domani ma che sono capaci, talvolta, per il loro impatto – come dicevo poco sopra – di trasformare profondamente un territorio. Tra questi c'è quello del cosiddetto bypass ferroviario che le opposizioni cittadine cercano costantemente di imputare al gruppo politico di cui faccio parte e che è al governo cittadino dal 2008, prima con il sindaco Goffredo Brandoni e ora con il sindaco Stefania Signorini. Ci sono montagne di carta, atti, delibere, pareri, progetti e riunioni a smentire queste accuse. Intanto, di che stiamo parlando? Si tratta di un arretramento della linea ferroviaria Adriatica che, staccandosi dalla costa poco dopo l'ex Montedison, consentirà ai treni di collegarsi direttamente con la linea Romana anziché raggiungere Falconara/Ancona per "fare manovra" (i miei ex colleghi in ferrovia mi bastoneranno per questa spiegazione ma ho cercato di farmi capire da più persone possibile). Un lavoro che libererà Villanova dagli scali merci (da portare all'Interporto di Jesi) ma che inevitabilmente avrà delle ripercussioni: la nuova ferrovia passerà dietro Rocca Priora, taglierà l'ex Caserma Saracini e, per ricollegarsi con l'Adriatica, si dovranno abbattere alcune abitazioni (già espropriate) a Villanova.Un po' di storico
Il progetto inizia a muovere i primi passi nel 2002. Il sindaco era Giancarlo Carletti e il centrosinistra amministrava Falconara. C'erano ancora le province (presidente Enzo Giancarli, centrosinistra) e in Regione Marche, indovinate chi c'era? Esatto, il centrosinistra con Vito D'Ambrosio. Gli stessi personaggi li ritroviamo nel 2003 quando il progetto arriva all'ordine del giorno del consiglio comunale falconarese. Il documento viene approvato a maggioranza. Il centrosinistra più i voti di Forza Italia. Io, personalmente, non c'ero. Si astennero Verdi, Rifondazione Comunista e Alleanza Nazionale.
A cosa abbiamo lavorato
Quando siamo arrivati noi – nel 2008 – la partita si poteva dire già avviata e difficilmente modificabile. Partendo da questo presupposto, e cioè l'impossibilità di fermare un iter progettuale con soldi già stanziati dal Cipe, ad ogni riunione abbiamo chiesto che il progetto fosse il primo stralcio di un futuro arretramento complessivo della ferrovia. Proprio come aveva ipotizzato nel 2004 il presidente della Provincia di Ancona, Enzo Giancarli. E proprio come successivamente aveva indicato, anche nella sua fattibilità, l'ex viceministro all'Economia, Mario Baldassarri. È ancora possibile un arretramento globale? Qualcuno ce lo deve pur dire e scrivere nero su bianco perché se rimanesse così questo passante ferroviario è più dannoso che utile. Le stesse compensazioni che sono dovute a Falconara non trovano spazio all'interno dei finanziamenti e si limitano a promesse. Quando e se saranno mantenute è difficile dirlo. Allo stato attuale e senza garanzie questo progetto è solo dannoso. Che fine faranno le aree merci dismesse? Cosa ne sarà delle zone limitrofe? Le Ferrovie bonificheranno la Saracini dalle infiltrazioni di idrocarburi nel sottosuolo visto che vanno là a costruire? Tutte domande che non hanno adeguata risposta.
Una proposta di buonsenso
Cosa fare? E se riuscissimo a mettere da parte le critiche (infondate, per altro) del passato e a lavorare insieme, parlo di politica cittadina, per attivare un tavolo di confronto con il Ministro delle Infrastrutture? Altro non fosse che per chiedergli cosa ne pensa. Dico questo perché, pur con qualche riserva, giudico il nuovo Governo nazionale formato da 5 Stelle e Lega un elemento di discontinuità rispetto al passato. La politica cittadina si è già espressa (TUTTA!) per la sospensione e la rivisitazione del progetto. C’è una mozione del 2015 approvata all’unanimità. Vale la pena di tentare.
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- 50% patrimonio edilizio con elementi storici
- 23% patrimonio edilizio con elementi storici da conservare e riqualificare
- 3.600 abitanti (su un totale di 7.800 dell'intero “Centro”)
- 1000 over 65, 400 under 19 (rapporto 1/5)
- 40/45% degli appartamenti è sfitto
- 272 attività commerciali
- 55% vendita al dettaglio
- 30% servizi
- 15% locali pubblici
- 87 locali sfitti (1 locale su 4)
- 28 attività sono gestite da stranieri
Tutti questi numeri sono fondamentali, dicevo, per immaginare un futuro e intervenire. Il Centro Storico prenderà forma attraverso 60 piani attuativi, vero fulcro operativo innescabile dalla Variante, perché, proprio per la diversità dei luoghi, degli edifici, si è deciso di lavorare isolato per isolato, cercando di passare da un Piano regolatore della quantità a un Piano regolatore della qualità. L'esempio più calzante, non l’unico, è dato dalla tipologia di appartamenti. Troppo grandi rispetto a ciò che cerca il mercato oggi: la legge stima 120 metri cubi per abitante, mentre nell'area del centro abbiamo 295 metri cubi pro capite. Ecco dunque che il Centro Storico diventa un'opportunità per agire e dare la possibilità ai proprietari di immobili di modificare l'esistente rendendolo più appetibile al mercato immobiliare. Pensiamo che il riconoscimento di centro storico sia solo il passo iniziale. Sono tanti gli aspetti che poi dovremo curare e l'impronta che abbiamo dato è quella della massima condivisione e partecipazione con i cittadini. Nei prossimi mesi inizieremo a parlare di risanamento, messa a norma e conservazione degli elementi di valore. Andremo ad analizzare i flussi di traffico dando uno sguardo al piano dei parcheggi. Ci doteremo di un Piano del Commercio. Il Consiglio Comunale ha già deciso una riduzione del 50% degli oneri di urbanizzazione secondaria per gli interventi edilizi e che gli stessi dovranno essere inseriti in un apposito capitolo di bilancio dedicato alla riqualificazione degli spazi pubblici. Sarà una scintilla per rivitalizzare il centro di Falconara? Noi ci scommettiamo e per questo stiamo lavorando da tempo. Non deve essere, come già detto, un punto di arrivo ma una partenza. Uno strumento per incidere. E disegnare il futuro della nostra città.
