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2016: sarà l'anno del lavoro? L'occupazione non si inventa con gli spot
L'Italia è il Paese dove si è creata meno occupazione negli ultimi due anni. Non lo dico io, vicesindaco di provincia. L'allarme arriva direttamente dalla Bce guidata da Mario Draghi. E sì che il nodo sta tutto lì. Creare occupazione, rilanciare i consumi e quindi l'economia stagnante. Per fare questo occorre agevolare le imprese in questo senso. Rendere appetibile l'Italia agli imprenditori non solo andando a toccare i contratti di lavoro, che spesso nascondono manovre al ribasso sul fronte dei diritti, ma abbattendo le storture di un sistema che la burocrazia, le interpretazioni ondivaghe delle leggi e la mancanza di coraggio da parte degli apparati dirigenti, rischiano di asfissiare.
La relazione Bce è chiara. Sul fronte occupazionale la Spagna ha fatto meglio di noi occupando, tra il secondo trimestre 2013 e il secondo trimestre 2015, ben 724mila posti di lavoro. Dietro ci sono Germania (592mila) e Francia (190mila). L'Italia? Appena 127mila nuovi lavoratori. Per lo più precari. Faccio queste riflessioni come amministratore ben sapendo che un Comune ha margini di manovra minimi sulle politiche occupazionali. La giunta falconarese si prepara a varare alcune semplificazioni burocratiche per quanto riguarda il commercio, ha mantenuto e consolidato iniziative nel centro (le ultime in ordine di tempo le stiamo vedendo in questi giorni di Natale), lavora alacremente all'abbellimento della città e, in collaborazione con gli Enti preposti, alla sicurezza dei cittadini.
Per assistere ad interventi sulla materia del LAVORO dobbiamo orientarci verso la Regione. Nei giorni scorsi la giunta Ceriscioli ha annunciato un piano di interventi sul fronte dei Neet, i giovani tra i 16 e i 29 anni che hanno smesso di studiare ma non trovano – e hanno smesso di cercare – lavoro. Se ne contano oltre 2000 nella nostra regione. Neet. Se invece parliamo di inattivi, stesso discorso ma anche over 29, allora il numero sale a 298.933 marchigiani (dati Ires Marche). Il Piano annunciato "trionfalmente" dalla Regione si impegna a occupare 27 neet. Sì, avete capito bene: 27 su oltre 2000. Senza parlare degli altri "scoraggiati". Per le nuove imprese Ceriscioli ha previsto l'azzeramento dell'Irap per due anni. Ha fatto sapere che i soldi del Fondo Sociale Europeo per l'occupazione saranno gestiti dalle Province (ma non erano state chiuse?). Poi, il nulla. La verità è che i posti di lavoro non si inventano con gli spot o con le trovate da cortile. E che Ceriscioli non differisce per nulla dal Renzi nazionale. Anche da lui tanta fuffa. E anche qui nelle Marche un Pd, specchio del partito nazionale, costantemente litigioso al suo interno, se consideriamo lo scontro tra i governatore e i sindaci di Osimo, Fabriano e San Severino per la chiusura dei punti nascita negli ospedali. La speranza, ed è questo il mio augurio a tutti per il 2016, è che si possa veramente iniziare a risalire la china e riportare questo Paese a dare certezze.
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Le 10 regole d'oro per conoscere banche e risparmio
(e fare un po' di chiarezza su un caso tutto italiano)
(e fare un po' di chiarezza su un caso tutto italiano)
Nel corso della mia vita professionale ho svolto per decenni il ruolo di consulente finanziario. In questi giorni il caso delle banche in sofferenza, che coinvolge il nostro territorio con Banca Marche, riempie le pagine dei giornali ma tra le tante dichiarazioni lette, tutti, senza alcuna eccezione, dicono, anche ora, solo mezze verità. Non pretendo di essere esaustivo, data la complessità della materia, ma alcune cose vanno dette, per amore di verità:
1) Non esiste alcun investimento finanziario a rischio “zero” o che possa garantire appieno il capitale iniziale. Nemmeno i famosi “Pronti contro Termine” (PCT), i Titoli/Obbligazioni di Stato, a breve (BOT) o a lungo termine (BTP), le Obbligazioni bancarie o societarie (Senior o Subordinate), le Polizze Assicurative, gli altri prodotti strutturati finanziari (cioè costruiti ad hoc dalle diverse Centrali finanziarie) e naturalmente le azioni (di società o bancarie), tanto per citare gli strumenti finanziari più consueti e conosciuti.
1) Non esiste alcun investimento finanziario a rischio “zero” o che possa garantire appieno il capitale iniziale. Nemmeno i famosi “Pronti contro Termine” (PCT), i Titoli/Obbligazioni di Stato, a breve (BOT) o a lungo termine (BTP), le Obbligazioni bancarie o societarie (Senior o Subordinate), le Polizze Assicurative, gli altri prodotti strutturati finanziari (cioè costruiti ad hoc dalle diverse Centrali finanziarie) e naturalmente le azioni (di società o bancarie), tanto per citare gli strumenti finanziari più consueti e conosciuti.
Chi afferma il contrario o mente o è un cialtrone.
2) Il primo dovere di un consulente finanziario o funzionario/impiegato di banca è quello di educare (se ne è capace) il singolo risparmiatore, specie se si rende conto che è ignaro in materia; non quello di realizzare in primis “business” per conto di chi lavora o, a vario titolo, opera nel mercato.
3) L'investimento deve essere calibrato sulle esigenze, specie di lungo periodo, del cliente, non sul prodotto finanziario, perché non esiste il prodotto “buono” in assoluto, ma deve essere riferito o riferibile agli obiettivi della persona e (aggiungo) della propria famiglia.
4) L'approccio più consueto utilizzato dalla banca è prevalentemente quello aggressivo, per “fare” il cliente, non quello di ragionare con lui o di farlo ragionare, insieme, dalla stessa parte.
5) Nel 2004 l'Unione Europea ha emanato la MIFID (l'Italia, come spesso avviene, l'ha recepita, tardivamente e forse colpevolmente, solo nel 2007) cioè la Direttiva Comunitaria in materia di strumenti finanziari nei mercati regolamentati, al fine di creare un mercato più competitivo e per proteggere gli investitori, specie i singoli risparmiatori. L'approccio in ottemperanza delle banche è prevalentemente oscillato tra un adempimento meramente burocratico (“....firmi qui, è un semplice atto formale, dovuto dalle nuove norme....”) o una sorta di aggiramento (all'italiana) della norma. I questionari, infatti, costruiti per aiutare clienti e consulenti, sono stati realizzati in maniera superficiale o inutilmente investigativi. Solo di recente le maglie si sono fatte più strette, così da ridurre drasticamente le potenziali “vittime”.
6) I Prospetti Informativi (obbligatori per legge) sono, in modo esagerato, complessi e minuziosi (buoni solo per gli investitori istituzionali o altamente professionali), praticamente incomprensibili al pubblico/risparmiatore; anche quelli sintetici, che dovrebbero risaltare per semplicità e chiarezza, glissano, spesso, su alcuni elementi importanti e decisivi (vedi le classi di rischio).
7) L'istituzione tra il 1992/93 della Banca Universale (tuttofare), nella gestione del risparmio ha accentuato la disinvoltura nell'approcciare il potenziale cliente, oltre a dare la stura, a più alti livelli, a conflitti di interesse, incursione temerarie nel sistema delle imprese, ad operazioni rischiose non debitamente coperte da garanzie. Di più. Il sistema bancario italiano si è rivelato sostanzialmente impreparato o inadatto ad operare o competere in un mondo globalizzato e in una logica concorrenziale a tutto campo.
8) La Banca d'Italia e la Consob hanno difettato nelle procedure dei controlli, spesso limitandosi ad azioni formali e poche volte andando efficacemente al cuore dei problemi e a quello che realmente stava accadendo nei territori.
9) Lo stesso Stato, al di là dei proclami e delle periodiche (stucchevoli) Giornate del Risparmio, non ha svolto un vero ruolo di tutela dei risparmiatori, come dal dettato costituzionale. Anzi, quando si è trovato nella importante decisione o necessità di dismettere quote proprie di partecipazioni societarie (vedi ENI, ENEL, POSTE ITALIANE, etc.), anche in tempi recenti, lo ha fatto ponendo in primo piano la necessità di fare “cassa”, non curandosi eccessivamente di far emergere la componente “rischio”, specie nei confronti del semplice cittadino, dimenticandosi che tale aspetto è insito in ogni operazione finanziaria.
Semplice sottovalutazione? Forse. Ma se per il singolo è un peccato veniale, per un organo dello Stato diviene estremamente grave.
10) Se si leggono attentamente tutte le clausole addirittura di un “semplice” Conto Corrente, non è difficile enucleare condizioni e norme tutte prevalentemente a “vantaggio” e garanzia della banca. Per lo stesso impegno da essa assunto di garantire i correntisti fino a 100mila euro attraverso un Fondo Interbancario, non si avverte la clientela che non si tratta di una garanzia assoluta o a prescindere, bensì di un impegno preso da tutte le banche, ad iniziare da quelle maggiori, di soccorrere eventuali situazioni di crisi di liquidità finanziaria. I clienti, correntisti, risparmiatori andrebbero avvertiti e resi consapevoli che l'impegno, è vero esiste, ma non è utile a fronteggiare crisi di sistema e nemmeno crisi di vasta scala. Sarebbe troppo illustrare questi aspetti? Qualcuno può dire. In verità non è un esercizio inutile.
Abbiamo bisogno sempre di più di cittadini informati, responsabili e consapevoli. Un vero salto di qualità.
Potrei continuare, ma non voglio scadere nella retorica. Più semplicemente dico che Governo, Banca d'Italia, Consob, Sistema Bancario e le stesse Banche in difficoltà, singolarmente prese (non solo le 4 agli onori della cronaca) non possono tirarsi fuori dalle loro responsabilità in materia. Una azione risarcitoria in favore dei risparmiatori (totale o, quanto meno, consistente e significativa) è, quanto meno, doverosa. Non si invochi, a sproposito, l'Unione Europea, quando il malessere e tutto e prevalentemente italiano.
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Sanzio/Novaport, l'emblema di un Paese in paralisi
Le notizie di questi giorni su Aerdorica e sullo stop subito dall'operazione con i russi di Novaport mi riportano al film già visto ogni volta che si intraprende un iter di particolare impegno, per certi versi nuovo e in cui spesso si ha a che fare con lo Stato. Ora, io non sono un esperto di procedure e vorrei che le stesse, quelle legittime e trasparenti, siano sempre rispettate. Ma non posso fare a meno di rilevare che il cosiddetto Sistema Italia non può essere competitivo in questo modo. L'insopportabile groviglio di norme, le incertezze interpretative, il sospetto di brogli inficiano ogni operazione economica. Giusto e doveroso combattere il malaffare ma estremizzare la lotta o rispettare in maniera manichea la forma ci sta portando a bloccare tutto. Anche dove è possibile creare occupazione, impulsi produttivi, apertura verso l'esterno, verso il mondo. Strano paese il nostro: grandi potenzialità, una grande storia, grande fantasia, grande inventiva, eppure incapace di coniugare il vecchio con il nuovo, il passato con il presente, la sicurezza del benessere con la concorrenza economica, la certezza del diritto con la democrazia praticata.
Le notizie di questi giorni su Aerdorica e sullo stop subito dall'operazione con i russi di Novaport mi riportano al film già visto ogni volta che si intraprende un iter di particolare impegno, per certi versi nuovo e in cui spesso si ha a che fare con lo Stato. Ora, io non sono un esperto di procedure e vorrei che le stesse, quelle legittime e trasparenti, siano sempre rispettate. Ma non posso fare a meno di rilevare che il cosiddetto Sistema Italia non può essere competitivo in questo modo. L'insopportabile groviglio di norme, le incertezze interpretative, il sospetto di brogli inficiano ogni operazione economica. Giusto e doveroso combattere il malaffare ma estremizzare la lotta o rispettare in maniera manichea la forma ci sta portando a bloccare tutto. Anche dove è possibile creare occupazione, impulsi produttivi, apertura verso l'esterno, verso il mondo. Strano paese il nostro: grandi potenzialità, una grande storia, grande fantasia, grande inventiva, eppure incapace di coniugare il vecchio con il nuovo, il passato con il presente, la sicurezza del benessere con la concorrenza economica, la certezza del diritto con la democrazia praticata.
Sul caso Sanzio/Novaport, senza voler giocare allo scaricabarile, ci sono sicuramente delle resposabilità che vanno accertate. Serve finalmente chiarezza se vogliamo davvero affrontare il futuro. Aerdorica, e Belluzzi in testa, era consapevole della inopportunità delle procedure messe in atto? Secondo Enac e Ministero, sembrerebbe di sì. Oppure queste procedure indicate dagli Enti citati erano talmente complicate o fumose o labili da indurre l'ora ex cda a esplorare vie più immediate con l'obiettivo di essere concreti, produttori di risultati tangibili nel campo dei fatti economici?
Stante così le cose il risultato è diventato inevitabile: la paralisi! Siamo all'ennesima dimostrazione di non saper essere in grado di attrarre finanziatori e capitali esteri. In barba a qualsiasi ricorrente giaculatoria, formulata da vari quadrati e da vari livelli, Governo in testa, che recita incessantemente circa la vitale necessità per il nostro paese, in un mondo globalizzato, di ricercare investimenti da oltre confine. La speranza che formulo è che l'opzione Novaport non sia definitivamente perduta. Il “nostro” aeroporto è una macchina troppo importante per rimettere in moto un meccanismo produttivo, regionale e non solo, da troppo tempo arrugginito e inceppato. Da soli – e il profondo rosso del bilancio di Aerdorica è lì a evidenziarlo - non ce la faremo mai.
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Regione di Mezzo, non bastano righello e buone intenzioni
Da qualche tempo il dibattito politico sul futuro dell'assetto amministrativo è incentrato sull'accorpamento delle Regioni e per le Marche si parla della cosiddetta Regione di Mezzo, ovvero l'unione della nostra con Toscana e Umbria. Proprio oggi i presidenti Luca Ceriscioli (Marche), Enrico Rossi (Toscana) e Catiuscia Marini (Umbria) come novelli Stalin, Roosevelt e Churchill che a Yalta ridisegnarono a tavolino i confini delle Europa, provano a fare altrettanto con le regioni che guidano. Gomma, righello e matita, però, in questo caso, non sono sufficienti alle reali necessità dei territori.
Partiamo dal fatto che, tolte di mezzo le Province, abbiamo bisogno di un nuovo assetto amministrativo. Il che non significa per forza produrre poltrone e posti al sole per la politica ma definire competenze e ambiti operativi. Vanno ridefiniti i confini, incentivate le unioni e le fusioni tra Comuni senza tuttavia trascurare l'aspetto storico e identitario dei territori, le esigenze delle popolazioni. Nelle Marche abbiamo 1,5 milioni di abitanti suddivisi in 236 Comuni. Troppi. È come se ogni Ente territoriale dovesse amministrare circa 6000 abitanti. Si va dai 101mila di Ancona ai 120 scarsi di Acquacanina. Un condominio di Falconara, città della quale sono amministratore, è più popoloso.
Per quanto riguarda le Regioni, invece, devo ammettere che l'Italia di Mezzo è molto più affascinante e condivisibile dell'ipotesi di dividere le Marche mandando la Provincia di Pesaro Urbino in Emilia Romagna per accorpare il resto all'Abruzzo. Lo stesso Pd pesarese, nella logica che è meglio fare il pesce grosso dello stagno, piuttosto che il piccolo nel grande mare, non vede di buon occhio la divisione in salsa romagnola. L'Italia di Mezzo solletica l'immaginazione ma il più entusiasta dell'idea è il governatore toscano Rossi. Il nostro Ceriscioli e l'umbra Marini gli vanno dietro.
Resto convinto che, come già detto, righello e buone intenzioni non bastano. Vanno stabilite responsabilità e competenze, vanno definiti gli ambiti secondo le reali esigenze dei territori. Un po' come ha detto nei giorni scorsi Fabrizio Barca, ospite ad Ancona di un convegno che ho seguito con molto interesse, i nuovi confini "non potranno essere ridisegnati dai tecnocrati di Roma. Nuove ''alleanze e filiere'' nascono dal basso, dalle comunità locali". Senza regole è facile immaginare che la Toscana, con oltre il doppio degli abitanti delle Marche, renda marginali le altre due regioni. E allora tanto vale restare come siamo.